domenica 30 gennaio 2011

Come funziona la psicoterapia breve strategica sistemica di Ancona e Bologna

La Terapia Breve Strategica Sistemica è un approccio originale alla formazione e alla soluzione dei problemi umani che presenta specifici fondamenti teorici e prassi applicative in costante evoluzione sulla base della ricerca empirica.
Come funziona il problema, anziché perché esiste, è il focus clinico che contraddistingue il nostro approccio dalle convenzionali forme di terapia. Ciò gli ha permesso di diventare uno dei modelli di terapia più efficaci per risolvere i problemi psicologici.
Infatti, i risultati ottenuti con interventi strategici applicati e ben strutturati attuati a migliaia di casi. Dalla sua origine lo studio di terapia breve strategica sistemica di Ancona e Bologna in linea con il CTS di Arezzo (86% dei casi risolti) sta dimostrando che è possibile risolvere velocemente ed efficacemente la maggior parte delle patologie psicologiche.
 
La psicoterapia breve è un processo limitato nel tempo, rivolto ad un obiettivo circoscritto e ad un'azione preventiva mediante l'uso flessibile di diverse tecniche ed un ruolo attivo del terapeuta su pazienti selezionati motivati, in grado di procedere nell'autogestione delle proprie problematiche.
 
La Brief Strategic Therapy quindi analizza le cosiddette "Tentate Soluzioni”, o quelle soluzioni inefficaci, che svelano la struttura del problema, e cerca di costruire strategie alternative che interrompono il circolo vizioso fra soluzioni inefficaci e sintomo. Le tecniche impiegate agiscono sulla percezione problematica del paziente consentendogli il superamento delle resistenze e facendo fare piccole azioni che fanno arrivare a sperimentare le emozioni desiderate. In sintesi, il paziente giunge a superare una situazione per lui problematica senza riconoscerla come tale, perché la sua attenzione o il suo modo di vedere sono stati opportunamente guidati dal terapeuta.
 
Si tratta di un intervento terapeutico breve (tra 10-20 sedute) che si occupa da una parte di eliminare i sintomi invalidanti e/o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona chiede aiuto, dall'altra, di produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale. Di conseguenza, la Terapia Breve Strategica Sistemica rappresenta un intervento radicale e duraturo e non una psicoterapia superficiale e meramente sintomatica.
A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche un terapeuta strategico non utilizza nessuna teoria sulla “natura umana” e, di conseguenza, nemmeno definizioni relative alla “normalità” o “patologia” psichica. Seguendo quest'ottica il terapeuta strategico-sistemico si interessa della “funzionalità” o “disfunzionalità” del comportamento delle persone e del loro modo di rapportarsi con la propria realtà.
 
Quando ci troviamo di fronte ad una difficoltà – sia essa personale, relazionale o professionale - la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare una strategia che ci appare produttiva, magari perché ha funzionato nel passato per una difficoltà simile. Se la strategia scelta funziona, la difficoltà si risolve in breve tempo. Capita però, talvolta, che la nostra strategia non funzioni come ci saremmo aspettati e che questo ci porti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi in quella direzione, dal momento che la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o la unica possibile. Ma più applichiamo questo strategia più la difficoltà iniziale sembra non solo non risolversi, ma addirittura complicarsi, trasformandosi in un vero e proprio problema strutturato.
 
In questi casi sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata. Questi sforzi, da noi definite “Tentate Soluzioni”, messe in atto dal soggetto e dalle persone a lui vicine per cercare di risolvere il problema, finiscono per alimentare determinando così la persistenza del problema.

Questi tentativi di soluzione sono spesso riconosciuti dalla persona stessa come non funzionali, tuttavia non si riesce a fare altrimenti e si arriva a sviluppare così una radicata sfiducia nella possibilità di un cambiamento della propria situazione problematica.

Da un punto di vista strategico, quindi, per cambiare una situazione problematica non è necessario svelarne le cause originarie (aspetto su cui, peraltro, non si avrebbe più alcuna possibilità di intervento), ma lavorare su come questo si mantiene nel presente, grazie alla ridonante ripetizione delle “tentate soluzioni” adottate, da noi considerate “riduttori di complessità”.
Per questo motivo, il terapeuta strategico, individuando come reagisce il paziente ovvero sulle sue Tentate Soluzioni, si focalizza fin dal principio della terapia sul bloccarle e rompere il circuito vizioso che si è venuto a stabilire tra le tentate soluzioni e la persistenza del problema. Per fare ciò si lavora sul presente piuttosto che sul passato, su “come funziona” il problema piuttosto che sul “perché esiste”, sulla ricerca delle “soluzioni” piuttosto che sulle “cause”.

Scopo ultimo dell'intervento terapeutico diviene così lo spostamento del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria rigida e disfunzionale (che si esprimeva nelle “tentate soluzioni”) ad una prospettiva più elastica e funzionale, con maggiori possibilità di scelta. In questo modo la persona acquisisce la capacità di fronteggiare i problemi senza rigidità e stereotipia, sviluppando un ventaglio di diverse possibili strategie risolutive.
L’intervento strategico è di tipo attivo e prescrittivo; produce risultati già dalle prime sedute. Se questo non avviene, il terapeuta è comunque in grado di modificare la propria strategia sulla base delle risposte date dal paziente, fino a trovare quella idonea a guidare la persona al cambiamento definitivo della propria situazione problematiche.
La terapia breve strategica sistemica è sempre più usata nei contesti clinici, scolastici ed aziendali che negli ultimi anni sempre più spesso stanno richiedendo self-coaching  interventi e attività atte al miglioramento personale.

Domande frequenti: psicoterapia breve strategica di Ancona e Bologna

Qual è la durata della terapia breve strategica sistemica?
La terapia breve strategica sistemica non supera le 20 sedute. È un intervento focale e breve. Nei sistemi (individuo, coppia, famiglia, organizzazione, ecc…) bloccati,  tale forma di intervento, produce i primi sostanziali miglioramenti del problema presentato (se non la totale risoluzione) entro le prime 10 sedute. Difatti, se le tecniche terapeutiche sono ben scelte e applicate, sono in grado di indurre dei cambiamenti già dalle prime sedute del trattamento.
Se ciò non dovesse avvenire, il terapeuta strategico-sistemico è solito interrompere il trattamento e indirizzare la persona a un collega dello stesso o di diverso orientamento.

Le sedute di terapia breve strategica sistemica ogni quanto bisogna farle?
Nelle prime fasi del trattamento le sedute della terapia strategica sistemica possono essere sia a cadenza settimanale che quindicinale, a seconda del tipo di problema presentato e delle esigenze della persona stessa. Una volta ottenuto lo sblocco del disturbo, e quindi il primo sostanziale miglioramento, le sedute vengono ulteriormente distanziate per permettere alla persona di sperimentare le ritrovate risorse e capacità nella propria vita quotidiana senza che venga a crearsi un forte vincolo con la figura del terapeuta.
La terapia si conclude infine con 3 controlli (follow-up) condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia per verificare il mantenimento del risultato nel tempo.
 
I risultati della Terapia Breve strategica durano nel tempo?
I risultati delle ricerche effettuate su numerosissimi casi che si sono sottoposti a terapia breve strategica hanno mostrato non solo un'elevata efficacia dell'intervento valutata alla fine del trattamento, ma anche e soprattutto il mantenersi di tali risultati nel tempo, come emerso chiaramente dai follow-up condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia.
Tali incontri hanno infatti evidenziato una minima presenza di ricadute e l'assenza di spostamenti del sintomo anche a distanza di un anno dalla fine della terapia.
 
Con quali disturbi è indicata la Terapia Breve Strategica Sistemica?
La Terapia Breve Strategica è indicata, in primo luogo, per tutti i disturbi psicologici fortemente impedenti, ovvero caratterizzati da una sintomatologia acuta e invalidante, quali i disturbi fobico- ossessivi (ansia, attacchi di panico, fobie, ossessioni, compulsioni, ipocondria), i disordini alimentari (anoressia, bulimia, sindrome da vomito, binge eating) la depressione, i problemi sessuali, le psicosi, dipendenze da sostanze, da gioco, da internet.
Oltre che per i disturbi impedenti, l'intervento strategico appare estremamente efficace anche nell'affrontare i più frequenti problemi relazionali (problemi sentimentali o di coppia, difficoltà relazionali con colleghi di lavoro, problemi di relazione genitori-figli) blocchi di performance, problemi scolastici, problemi dell'età evolutiva e tutte le sintomatologie potenzialmente impedenti ma che si trovano ancora nella fase di strutturazione iniziale (ad esempio fobie non ancora generalizzate e disturbi alimentari non del tutto organizzati).
A seconda del tipo di problematica presentata, il terapeuta potrà proporre un intervento di tipo psicoterapico (le "canoniche" dieci sedute), oppure optare per un intervento di consulenza strategica breve, particolarmente adatta nell'affrontare i problemi non impedenti per le sue caratteristiche di efficacia e rapidità di risoluzione.
 
Come posso aiutare un mio parente che creo abbia dei problemi psicologici ma che si rifiuta di farsi visitare da uno specialista?
Molto spesso le persone che presentano determinati tipi di problemi, ad esempio disordini alimentari o particolari difficoltà relazionali, rifiutano di rivolgersi ad uno specialista o appaiono estremamente resistenti a qualsiasi tipo di intervento. In questi casi la famiglia, se adeguatamente indirizzata, può svolgere un ruolo fondamentale e determinante nel trattamento del disturbo.
In queste situazioni il terapeuta strategico è solito fare un primo incontro con la o le persone che lamentano il problema (sebbene questi non siano i "portatori" del disturbo) e valutare con lei o loro cosa sia possibile fare per intervenire.
Il terapeuta strategico sistemico potrà quindi dare indicazioni su come cercare di coinvolgere il "portatore del disturbo" nella terapia, oppure dare indicazioni concrete ai familiari su come comportarsi relativamente alla persona e al disturbo in questione, ricorrendo così ad una forma di terapia indiretta.
In seguito a questo intervento può capitare che il "paziente" decida di entrare in terapia in un secondo momento; negli altri casi la terapia procede solo in maniera indiretta.
 
Ritengo di avere un problema non particolarmente grave o impedente, ma sento comunque il bisogno di una consultazione con uno psicologo. È necessario che io intraprenda un percorso psicoterapico o esistono anche altre forme di intervento strategico?
Nei casi di problemi non particolarmente acuti e pervasivi, il terapeuta strategico sistemico può proporre un intervento di consulenza breve strategica piuttosto che una vera e propria psicoterapia breve articolata nelle canoniche dieci sedute. Difatti, la consulenza breve risulta essere particolarmente funzionale ed efficiente quando si ha a che fare con disturbi definibili come "non impedenti". Si tratta di tutti quei problemi che, limitando in modo circoscritto le opportunità di un individuo, non ne ostacolano la vita quotidiana.
I disturbi non impedenti comprendono diverse categorie: problemi sentimentali o di coppia, difficoltà relazionali con colleghi di lavoro, problemi di relazione genitori-figli, problemi scolastici, blocchi della performance, sintomatologie potenzialmente impedenti ma che si trovano ancora nella fase di strutturazione iniziale.
La consulenza breve ha un'efficacia molto alta ed un elevato grado di efficienza (al di sotto delle cinque sedute), con uno sblocco repentino, solitamente tra la prima e la seconda seduta, seguito da qualche seduta di controllo per verificare il mantenimento nel tempo dei risultati ottenuti.
Questa tipologia di intervento appare particolarmente indicata per tutti coloro che necessitano di trovare soluzioni rapide ed efficaci a problemi che, pur non essendo impedenti, in un dato momento della propria vita possono apparire difficilmente superabili senza un aiuto esterno.
 
Sto vivendo un momento di disagio personale ma mi sento così confuso da non essere in grado di identificare uno specifico problema su cui lavorare. Questo significa che la Terapia Breve Strategica Sistemica non fa al mio caso?
Accade molto frequentemente che una persona che vive un momento critico non sia in grado di definire con chiarezza il proprio stato di disagio o si senta immersa in uno stato di sofferenza dai contorni non ben delineati. In questi casi, il primo compito di un terapeuta strategico è proprio quello di guidare ed aiutare la persona a definire in modo più preciso la propria situazione e a concordare l'obiettivo di trattamento su cui lavorare.
Un intervento di terapia breve strategica sistemica, quindi, è indicato ogniqualvolta sia possibile concordare uno o più obiettivi su cui lavorare, anche in assenza di un problema chiaramente definito.
 

La terapia strategica sistemica è una terapia puramente sintomatica? E se sì, c'è il rischio che una volta risolto un sintomo si vada incontro a sintomi sostitutivi?
La Terapia Breve Strategica Sistemica si occupa da una parte di eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia, dall'altra, di produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale. Ovvero, di produrre dei cambiamenti nella percezione della realtà della persona e non solo nelle sue reazioni comportamentali, in modo da spostare il suo punto di osservazione dalla posizione originaria, rigida e disfunzionale, ad una prospettiva più elastica e con maggiori possibilità di scelta.
Di conseguenza, la Terapia Breve Strategica Sistemica rappresenta un intervento radicale e duraturo e non certo una terapia puramente sintomatica.
Proprio per questo, una volta risolto il problema portato in terapia, non si sviluppano sintomi sostitutivi, come evidenziato nei follow-up a distanza di un anno condotti su numerosissimi casi trattati ad Ancona e presso tutti gli altri centri presenti in Italia e all’estero che adottano il nostro stesso approccio.
 
Se la terapia strategica-sistemica si occupa di eliminare i sintomi, cosa la differenzia da una terapia comportamentista? 
Sebbene entrambe si occupino eliminare i sintomi, esistono notevoli differenze fra la Terapia Breve Strategica Sistemica e una Terapia comportamentista classica. In primo luogo l'epistemologia di base: mentre alla base della terapia strategica c'è un'epistemologia avanzata di tipo costruttivista, la terapia comportamentista si basa su una epistemologia che potremmo definire di "realismo monista". In altri termini, a fronte dell'assunzione che esiste un'unica realtà "vera" e conoscibile, tipica del realismo monista, la prospettiva strategica sostiene che non esiste un'unica realtà vera, ma tante realtà quante se ne possono inventare. Ovvero, ognuno costruisce la realtà, che poi subisce o gestisce. Questa differenza epistemologica ha delle implicazioni notevoli ai fini del trattamento. Difatti, mentre una terapia comportamentista è finalizzata esclusivamente a modificare i comportamenti (ovvero le reazioni) dell'individuo rispetto alle situazioni vissute come problematiche, la terapia strategica è sì orientata all'estinzione dei disturbi presentati ma, parallelamente, anche alla ristrutturazione della percezione che il soggetto ha di sé, degli altri e del mondo.
Questo modello terapeutico, quindi, non si limita ad eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia, ma è finalizzata a produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale. A questo fine, il terapeuta strategico sistemico si avvale di un linguaggio di tipo ingiuntivo-suggestivo che appare molto differente da quello indicativo-esplicativo utilizzato, invece, in una terapia comportamentale.
 
Attualmente sto seguendo una terapia farmacologica per il mio disturbo, posso iniziare la terapia breve strategica o devo prima interrompere l'uso dei farmaci?
Avviene molto spesso, soprattutto nei casi di disturbi impedenti e generalizzati, che la persona giunga in terapia con una terapia farmacologica in corso. Questo accade, ad esempio, per i disturbi d'ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico agorafobia e altre fobie), disturbi ossessivi (pensieri paranoici, dubbi ossessivi, compulsioni / rituali, manie ossessive, ossessioni compulsive, compulsioni, ecc…), i disordini alimentari, i disturbi depressivi (depressione bipolare), le presunte psicosi e le dipendenze da sostanze leggere (marijuana, haschish, ecstasy, LSD, alcool, ecc…).
In questi casi, sarà importante che la persona eviti di sospendere o variare la propria terapia farmacologica per tutta la prima parte della psicoterapia, ovvero fino a quando non siano stati prodotti sostanziali cambiamenti terapeutici nella sintomatologia presentata.
Negli stadi più avanzati della terapia, al contrario, il terapeuta strategico, in collaborazione con lo specialista che ha prescritto la terapia farmacologica, procederà a "scalare" gli psicofarmaci fino ad arrivare ad una loro totale eliminazione.
Liberare la persona dalla dipendenza dai farmaci (ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici, ecc…) infatti, rappresenta uno degli obiettivi primari della terapia strategica e un aspetto fondamentale per potere dichiarare il trattamento concluso con efficienza ed efficacia.
 
Sono già in terapia per il mio disturbo presso uno specialista (medico, psicologo, psichiatra) posso iniziare una terapia di tipo strategico oppure devo prima interrompere il trattamento attualmente in corso?
La Terapia Breve Strategica non presenta alcuna "controindicazione" rispetto alla coesistenza di altri interventi terapeutici, poiché rappresenta una modalità di lavoro originale, che non risente di interferenze rispetto ad altri percorsi psicoterapici. Di conseguenza, la persona che sta seguendo una psicoterapia di altro tipo o una terapia farmacologica può rivolgersi ad un terapeuta strategico sistemico senza dover interrompere il trattamento attualmente in atto.
 
In questo momento della mia vita mi sento sommerso da una miriade di problemi che si accavallano l'un l'altro e, dal mio punto di vista, sono tutti collegati fra di loro. Posso beneficiare di un intervento strategico o la mia situazione è troppo complessa?
È una situazione piuttosto frequente quella in cui, piuttosto che un singolo e specifico problema, la persona si ritrova a vivere una situazione problematica molto complessa e sfaccettata, dove problemi di ordine diverso si sommano e si aggravano vicendevolmente. In questi casi, compito del terapeuta strategico è quello di individuare, insieme al cliente, delle priorità di intervento su cui focalizzare le prime mosse del trattamento. Una volta fatto questo, utilizzando la logica del "conoscere cambiando", il terapeuta guiderà la persona ad affrontare gradualmente tutti gli altri aspetti della situazione problematica, fino a portare al raggiungimento degli obiettivi concordati all'inizio del trattamento.
 
Nostro figlio/a ha dei problemi che probabilmente richiedono un intervento psicoterapico ma, poiché è ancora piccolo, preferiremmo non portarlo in consultazione da uno psicologo. Possiamo comunque fare qualcosa come genitori?
Da un punto di vista strategico sistemico, portare in consultazione psicologica un bambino è un evento potenzialmente dannoso. Difatti, oltre a dar vita ad un pericoloso processo di "etichettamento diagnostico" a partire fin dai primi anni di vita, l'essere in cura da uno psicologo rischia di far sentire il bambino "anormale", "cattivo" o, comunque, "diverso". Questo non può che avere conseguenze negative sul suo sviluppo psicologico.
Oltre a ciò, quando si ha a che fare con soggetti in età evolutiva, al di sotto dei 12-13 anni (o comunque prima della pre-adolescenza), la leva più vantaggiosa per produrre un cambiamento appare la famiglia stessa, piuttosto che la figura esterna del terapeuta.
In altri termini, la via principale per produrre dei cambiamento rapidi e persistenti in un bambino passa attraverso il lavoro indiretto condotto con i genitori.
Grazie a concrete indicazioni di comportamento, i genitori saranno guidati dal terapeuta a modificare determinati atteggiamenti (ovvero le loro "tentate soluzioni") che porteranno alla risoluzione del problema presentato dal figlio, senza che sia necessario vedere in bambino in seduta nemmeno una volta.
 
Nostro figlio/a ha dei problemi che probabilmente richiedono un intervento psicoterapico ma si rifiuta di andare in terapia. Cosa possiamo  fare noi come genitori?
Capita talvolta che una coppia di genitori rilevi nel figlio o nella figlia segnali preoccupanti che inducono a ritenere utile una psicoterapia o, almeno, una consultazione psicologica. Accade però frequentemente che i figli, soprattutto nell'età dell'adolescenza o nella prima età adulta, rifiutino di accettare l'esistenza di un problema e, di conseguenza, di consultare uno specialista. Questo accade spesso nell'ambito delle dipendenze da sostanze (alcool, marjuana, estasy, LSD, ecc…) dei disordini alimentari (anoressia, bulimia e vomiting), in cui la figlia nega di avere alcun tipo di problema con il cibo, ma anche relativamente a problemi di tipo fobico-ossessivo (ansia, compulsioni, fobie, ecc…) relazionale (difficoltà a relazionarsi con i pari, aggressività verso i familiari, ecc…) o depressivo, dipendenza da gioco d’azzardo,gambling, dipendenza da internet, siti porno, chat.
Possiamo considerare in questa categoria anche tutti i casi di difficoltà scolastiche o relazionali con i genitori che, sebbene meno allarmanti da un punto di vista diagnostico, sono comunque causa di sofferenza e disagio in famiglia.
In tutte queste situazioni, il terapeuta strategico è solito fare un primo incontro con i genitori e valutare con loro se il problema richieda un intervento psicoterapico e, se sì, di quale tipo. Il terapeuta strategico sistemico potrà dare indicazioni concrete ai genitori su come comportarsi relativamente al figlio/a e al disturbo in questione, ricorrendo così ad una forma di terapia indiretta, oppure dare indicazioni e suggerimenti su come cercare di coinvolgere il figlio/a nella terapia.
Accade sovente che un intervento inizialmente "indiretto" (ossia condotto solo attraverso i genitori) si trasformi in un secondo momento in un intervento "misto", ovvero condotto sia sui genitori che sul figlio, il quale appare più disposto ad entrare in terapia sulla scia dei cambiamenti messi in atto dai genitori.
 
La terapia breve strategica sistemica prevede l'utilizzo di farmaci? 
La terapia breve strategica sistemica è un intervento di tipo psicoterapico e, come tale, non prevede l'ausilio di farmaci. Al contrario, qualora il paziente arrivasse con una cura farmacologica in corso, sarà preoccupazione del terapeuta giungere - negli ultimi stadi della terapia - a metterla in grado di interrompere completamente l'utilizzo dei farmaci.
Questo avviene, generalmente, in tutti i casi di disturbi d'ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, ossessioni, compulsioni, agorafobia e altre fobie), disordini alimentari o depressione reattiva, che giungono in terapia con una cura farmacologica in corso.
In questi casi, il liberare la persona dalla dipendenza dal farmaco rappresenta uno dei compiti principali del terapeuta e un aspetto fondamentale per potere dichiarare la terapia conclusa efficacemente.
 
Credo di avere un problema di coppia, ma il mio partner non vuole rivolgersi ad uno specialista. Posso fare qualcosa anche da solo?
Sebbene la Terapia Breve Strategica Sistemica lavori anche con le coppie (ovvero vedendo entrambi i partner in seduta), la maggior parte dei “problemi di coppia" appaiono spesso facilmente affrontabili anche mediante il lavoro condotto con uno solo dei due membri.
Da questo punto di vista, una persona che ritenga di vivere una difficoltà di coppia può rivolgersi direttamente ad un terapeuta strategico senza necessariamente dover coinvolgere il partner nella decisione. Sarà poi il terapeuta, esaminando a fondo il tipo di problema e la situazione presentata, a valutare se sarà possibile, o addirittura preferibile, condurre la terapia con uno solo dei due membri, o se sarà invece necessario coinvolgere in qualche modo l'altro partner almeno in qualche fase del trattamento.